Bollette: perché la modalità di pagamento non può incidere sul costo
Mondo UCI, primo piano - 29 Mar 2018
Con due recenti provvedimenti l’autorità Antitrust ha affrontato un aspetto importante dei rapporti negoziali con i consumatori, quello della previsione di spese correlate all’uso di determinati mezzi di pagamento e poste a carico del contraente debole, cui è somministrata l’elettricità e il gas naturale. L’articolo 62, comma 1 del Codice del consumo (Dlgs 206/2005) vieta alle aziende di applicare verso i consumatori oneri per l’utilizzo di particolari strumenti di pagamento, ovvero tariffe che superino quelle sostenute dall’impresa. L’articolo 66, comma 3 richiama l’articolo 27 per quanto attiene l’accertamento e la sanzione pecuniaria da parte dell’autorità garante della concorrenza.
I due casi originano entrambi da esposti trasmessi al garante della concorrenza da consumatori singoli. Nel primo (n. 26760), in particolare, l’operatore è stato sanzionato perché applicava l’onere di 1 euro al mese ai destinatari consumatori che sceglievano di pagare le fatture tramite bollettino postale, a fronte, invece, della gratuità del pagamento laddove veniva utilizzato l’addebito diretto su conto corrente. Nel corso dell’istruttoria è emerso che il fornitore esigeva la corresponsione dell’onere aggiuntivo anche nei casi in cui la clientela esercitava il diritto di recesso dal contratto di somministrazione durante la sua esecuzione. L’impresa, in sede difensiva, non ha mancato di osservare come la spesa ulteriore che il consumatore doveva affrontare fosse da considerarsi «un valore a forfait di costi di collection che le aziende devono sostenere ma che, in caso di idonea garanzia, nella forma di addebito diretto in conto corrente, possono permettersi di non applicare, offrendo quindi condizioni economicamente più vantaggiose agli utenti».
L’organismo di tutela della concorrenza, irrogando una sanzione pari a 150mila euro, ha richiamato l’articolo 3, comma 4 del Dlgs 11/2010, attuativo della direttiva della Ue 2007/64/Ce: «Il beneficiario – del corrispettivo pecuniario – non può applicare spese al pagatore per l’utilizzo di un determinato strumento di pagamento». Tale disposizione, che si collega all’articolo 62 del Codice del consumo, implica il divieto per il venditore di qualsiasi prodotto di imporre al suo acquirente spese per l’uso dei differenti mezzi di corresponsione del prezzo. La circostanza che l’azienda privilegi la domiciliazione bancaria per meglio assicurarsi dai rischi di insoluto non giustifica l’applicazione di costi aggiuntivi in capo ai clienti che si rivolgano alla Posta per adempiere al loro obbligo solutorio.
Nel secondo caso invece (decisione n. 26761) un’azienda è stata condannata a pagare 320mila euro per l’imposizione di un onere pari a due euro a bimestre a carico di clienti che scelgono il bollettino postale anziché la domiciliazione bancaria, per la quale non sono applicati costi aggiuntivi. Le argomentazioni difensive erano basate sul fatto che l’extra-costo fosse una parziale copertura delle spese per morosità e recupero del credito e che questo era stato introdotto nella contrattualistica con l’utenza prima dell’ingresso dell’articolo 62 del Codice di consumo.
L’autorità garante, acquisito il parere dell’Autorità per le comunicazioni, ha respinto le tesi aziendali e ha riaffermato il carattere generale del divieto posto dall’articolo 62 del Codice di consumo e dall’articolo 3, comma 4 del decreto legislativo 11/2010, per il quale il beneficiario del pagamento non può imporre spese al pagatore per l’uso di un determinato mezzo di adempimento
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Fonte: Ilsole24ore.com