Pensioni, via dal lavoro con 41 anni di contributi: il progetto di Salvini

Previdenza, primo piano - 5 Ott 2018

Nel 2019 circa 400mila italiani potranno lasciare il lavoro. Questa è la stima di coloro che potranno usufruire della riforma delle legge Fornero presentata da Matteo Salvini intervistato da Gerardo Greco su Rete4. La nota di aggiornamento al Def che il governo ha licenziato in queste ore fornisce infatti lo spazio contabile per introdurre dalla legge di bilancio 2019 una maggiore flessibilità nel sistema previdenziale, almeno nelle intenzioni della maggioranza di Governo: dovremo infatti attendere metà ottobre per leggere i dettagli della manovra.

Come spiega Salvini nella manovra ci sarà la prevista quota 100, ovvero la possibilità di lasciare il lavoro allorquando la somma dell’età anagrafica e dell’età contributiva (gli anni in cui si è lavorato versando i contributi, ndr) darà somma 100. Invero non sono stati trovati i fondi per garantire lo scivolo pensionistico a tutti coloro che hanno solo 41 anni di contributi indipendentemente dall’età: anche per i cosiddetti lavoratori precoci sarà necessario rispettare la “Quota 100”.

In merito al ventilato ritardo nell’introduzione delle misure previdenziali Matteo Salvini ha confermato il suo intento: “Parte tutto nel 2019, quota 100 a gennaio o febbraio” spiega intervenendo a “W l’Italia” riferendosi a reddito di cittadinanza e stop alla legge Fornero. “Tra Fornero e reddito sono circa 16 miliardi (di fondi, ndr), negli anni la spesa per la Fornero crescerà, mentre il reddito di cittadinanza dovrebbe scendere, perché la gente troverà lavoro”.

Tra le misure che il governo sostiene maggiormente per agganciare gli obiettivi di bilancio c’è anche la Flat tax che porterà ad una riduzione del carico fiscale su oltre un milione di contribuenti (qui la spieghiamo in dettaglio). Eppure leggendo le bozze della legge di bilancio, Lega e 5 stelle puntano ad un maggior spazio di manovra nei prossimi anni confidando soprattutto nell’agganciare una crescita economica grazie alla maggior flessibilità pensionistica ipotizzando che si possano aprire spazi per l’ingresso di migliaia di giovani nel mondo del lavoro.

Un azzardo che non si basa su una solida letteratura scientifica e su cui il governo dovrà convincere Bruxelles. Come spiega l’economista Carlo Cottarelli la linea di ragionamento per cui un posto di lavoro liberato dal pensionamento di un anziano viene direttamente occupato da un giovane, pecca di una serie di dubbie assunzioni implicite. In primis assumere che il numero di posti di lavoro sia fisso equivale ad accettare una economia senza crescita: un sistema economico in crescita dovrebbe generare lavoro sia per i più anziani che per i più giovani. Anzi, all’aumentare dell’età pensionabile aumenta l’offerta di lavoro e quindi il Pil e la crescita, e questo genera nuovi posti di lavoro per i giovani

Alcuni studi mostrano che più in un paese è alto il tasso di attività degli anziani, minore è il tasso di disoccupazione giovanile: non necessariamente le due variabili hanno tra loro una relazione causale, bensì sono segnali dello stato di salute dell’economia e sono semplicemente correlate. In sintesi, l’aumento dell’occupazione giovanile può riflettere un miglioramento della situazione economica, una riduzione della pressione fiscale, un aumento della produttività, ma non una accelerazione dei termini di pensionamento dei più anziani, soprattutto se si desiderano effetti di lungo periodo.